I documenti storici e le foto d’epoca rivelano che il comm. rag. Vincenzo D’Onofrio nel 1928 iniziò la costruzione dell’azienda agraria e che lui stesso fu il progettista di “Villa Rosa”. Dopo immense fatiche ed avversità nel 1940 portò a compimento il complesso agricolo dedicandolo alla moglie, scomparsa nel 1935 in giovane età (a soli 45 anni).
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, a Villa Rosa vennero ospitate cinque famiglie di sfollati e, per un determinato periodo, un comando delle forze armate alleate.
Il cav. D’Onofrio morì a Villa Rosa nel 1964 lasciando l’opera agli eredi che, purtroppo a causa di problemi finanziari, con atto per notaio Gatta del 23/02/1967 la vendettero a Sua Ecc. Mons. Andrea Cesarano, arcivescovo della diocesi di Manfredonia-Vieste ed alla sorella Maria Assunta Cesarano. Con atto del Notaio dott. Prof. Vittorio Finizia del 14/12/1974, infine, Maria Assunta Cesarano donò l’intera azienda all’ “Ospizio Comunale di Mendicità – Anna Rizzi”, affinché l’azienda stessa diventasse una “casa di riposo per il clero, per gli anziani, per gli inabili e per tutti i poveri anziani”, così come citato testualmente dal predetto atto.
Oltre alla bellissima casa dai mattoncini rossi, vennero realizzati: un pollaio, un porcile, una colombaia, la casa del guardiano, una stalla, un magazzino e un deposito.
Durante la costruzione, il cav. D’Onofrio fece scolpire una lapide riposta sulla sinistra dell’ingresso della villa a memoria di sua moglie Rosa Longo, da tutti conosciuta anche per la grande bontà d’animo. Infatti, documenti dell’epoca raccontano del suo gran cuore e della sua dedizione alla povera gente come ad esempio le lettere che indirizzava ai suoi otto figli lontani, per motivi di studio, pregne d’amore e di sollecitazioni a ben operare, e che si concludevano tutte con una benedizione materna. La signora Longo elargiva, con molta discrezione, ogni ben di Dio soprattutto alle giovani mamme bisognose e ogni anno in occasione della festa patronale, regalava un corredo completo (anche con oggetti d’oro) ad un’orfanella della “Stella Maris”. In occasione della ricorrenza di San Luigi Gonzaga, inoltre, il cav. D’Onofrio faceva eseguire un concerto al quale era invitata l’intera popolazione. In un angolo, sempre con eccezionale discrezione, donna Rosa ascoltava con affetto i bisognosi, la gente umile, prodigandosi in parole d’incoraggiamento, elargizioni e annotando le opere di bene che avrebbe potuto sostenere.
Oggi, spoglia di tutta la sua magnificenza, vandalizzata e data alle fiamme, Villa Rosa è soltanto il pallido ricordo della dimora che fu. È scomparsa anche la dedica a Rosina, smurata con assurda cattiveria e ignoranza di uno dei luoghi più belli e romantici del territorio pugliese non resta che un vuoto scheletro. In attesa che qualcuno possa amarlo di nuovo, come Vincenzo ha amato la sua Rosina.
PER TE
O MIA ROSINA QUESTA VILLA CHE TUTTA LA MIA VITA
ORMAI RINSERRA, IO VOLLI PROGETTARE E COSTRUIRE.
DISAGI, AVVERSITÀ, VIOLENZE INFAMI NON VALSERO A FERMARE IL MIO CAMMINO
PIÙ FORTE FU LA FEDE PIÙ FORTE ANCOR L’AMORE
VINSI !
E LA TUA REGGIA ALFIN DAL SOL BACIATA
DA MILLE E MILLE PIANTE PROFUMATA
BRILLÒ SU QUESTA ARIDA PIETRAIA.
MA TU LA MIA FATICA COMPIUTA NON VEDESTI!
DAL CIEL MI SORRIDESTI E IL TUO SORRISO
FU TUTTO IL PREMIO CH’IO AVEA SOGNATO
1940 – XVIII”.